giovedì 19 giugno 2014

Recensione: Super Electromagnetic Machine Voltes V (Vultus V)

SUPER ELECTROMAGNETIC MACHINE VOLTES V
Titolo originale: Chō Denji Machine Voltes V
Regia: Tadao Nagahama
Soggetto: Saburo Yatsude, Tadao Nagahama
Sceneggiatura: Shoichi Taguchi, Yoshitake Suzuki, Masaki Tsuji, Masaaki Sakurai, Yumiko Tsukamoto
Character Design: Yuki Hijiri, Akihiro Kanayama
Mechanical Design: Studio Nue, Yuki Hijiri, Kunio Okawara
Musiche: Hiroshi Tsutsui
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 40 episodi (durata ep. 23 min. circa)
Anni di trasmissione: 1977 - 1978


Nonostante il suo classico schematismo tokusatsu, non è difficile riconoscere l'impatto che Super Electromagnetic Machine Voltes V può simboleggiare nel 1977, ottimo rappresentante del periodo di rinnovamento del genere mecha che ha inizio proprio quell'anno, con questa serie e il Danguard Ace di Leiji Matsumoto. Nel 1976 Super Electromagnetic Robot Combattler V, scritto e prodotto da Toei Animation, animato da Sunrise e creato/diretto da Tadao Nagahama, può definirsi il padre delle innovazioni che trovano affinamento in Voltes V: antagonisti dalla personalità sfumata, un impianto melò estremamente teatrale e l'aggiornamento dei classici rituali con nuovi elementi spettacolari sono le idee con cui la serie conia un nuovo tipo di intrattenimento, votato a storie melò ispirate ai romanzi d'appendice. La sua formula viene ripresa e approfondita in Voltes V, ulteriormente esplorata nei titoli successivi Made in Yatsude, e questo, seguendo parallelamente le opere d'autore di Yoshiyuki Tomino realizzate per lo studio Sunrise, contribuirà a traghettare il genere verso quella concezione narrativa odierna, orientata, oltre al comparto spettacolare, anche a storia e personaggi.

La premessa da cui bisogna partire per l'analisi di Voltes V è che, ovviamente, come nel caso di Combattler V, lo spettatore odierno non può aspettarsi un distacco nettissimo fra esso e i predecessori nagaiani: siamo fermi a "Fortezza delle Scienze vs invasori extraterrestri", incarnati dalla base Big Falcon e l'aristocrazia del pianeta Boazon. A difendere la Terra è il Voltes Team, formato da cinque piloti abilissimi (di nuovo il figo, il cinico, la ragazza, il grassone e il bambino, replicati da Combattler V), ciascuno alla guida di un potente mezzo che poi si unirà a formare il Voltes V, il robot elettromagnetico che dà il titolo alla serie. In ogni episodio devono quindi affrontare la Bestia-Samurai inviata loro contro dal principe Heinel, nobile boazoniano incaricato della conquista del pianeta. Apparentemente niente di diverso dal solito, ma sono ben vistosi gli accorgimenti adoperati dal regista per rendere quella di Voltes un'esperienza più interessante.

Fin dal titolo, Super Electromagnetic Machine Voltes V palesa chiaramente la sua natura di rifacimento di Super Electromagnetic Robot Combattler V: presenta personaggi fisicamente identici (imposizione degli sponsor1), fortissime affinità di trama, un robottone anch'esso quasi clonato da quello del predecessore (anche come scelta di colori) e le stesse caratteristiche concettuali, se non fosse che sono affinate. Rispetto all'originale, questa volta le innovazioni di Nagahama non toccano minimamente il cast di eroi, banali fino alla fine e privi di alcuna evoluzione nei rapporti interpersonali, bensì il villain principale, quel principe Heinel che, come il gran generale Garuda di Combattler V, è un romantico antieroe, nobile e coraggioso boazaniano preso di mira con intrighi di palazzo dagli sgherri dell'imperatore che intendono deporre uno scomodo  rivale. Nuovamente, Nagahama non lo vuole ridurre a personaggio inaccettabilmente "positivo" (la sua crudeltà e il disprezzo per i terrestri rimangono sempre tali), ma umanizza ulteriormente i suoi comportamenti, eliminando in modo ancor più eclatante le storiche, passate monocaratterizzazioni degli antagonisti. Da questa scelta l'approccio nuovamente feuilleton della trama, con la riproposizione dell'amore impossibile di Heinel verso la sua sottoposta Katherine, inaspettati suoi legami con i tre fratelli Go del Voltes Team, la disperata ricerca di costoro del padre perduto, il drammatico passato di quest'ultimo e l'eroica figura del gladiatore Giron. La vicenda persegue fino alla fine, senza involuzione umoristica, un impianto sempre tragico, con morti, immolazioni e cruente rivelazioni che non lasciano indifferenti, andando a toccare, talvolta, anche realistiche reazioni psicologiche (il come, ad esempio, paura e odio trasformino alcuni esseri umani in mostri non tanto dissimili dai boazaniani) e un tema molto maturo come quello della discriminazione razziale (le persecuzioni contro i boazaniani nati senza corna, cui appartiene anche Heinel). Interessante è anche lo spazio dedicato a trattare le disuguaglianze sociali con cui l'aristocrazia aliena riduce in condizione di povertà e schiavitù i sudditi considerati "inferiori": idea che avrà sviluppi nella trama, ma che specialmente, ispirata alla Francia paragina pre-Rivoluzione, si rivela un anticipo delle tematiche storiche di Lady Oscar (1979), futura serie animata diretta dallo stesso Nagahama proprio perché gli dava l'occasione di tornare sull'argomento in modo più approfondito2.


Oltre a questo, si può anche far notare come la storia, rispetto a Combattler V, non rimanga pietrificata su se stessa: procede - seppur lentamente - attraverso numerose sottotrame che spesso si dipanano per più episodi, vertendo magari sulla ricerca del padre dei fratelli Go, su aiutanti misteriosi che appaiono e scompaiono nelle battaglie, sulle vicissitudini della resistenza boazaniana, sugli intrighi boazaniani contro Heinel... Si nota la volontà di diversificare l'azione in ogni modo, e come in Combattler V molto spazio hanno le battaglie del robottone, messo quotidianamente in difficoltà dalle strategie nemiche sempre più eleborate, capaci di approfittare anche di rituali "sacri" come quelli dell'agganciamento o dell'attacco finale. Il risultato è che la visione non è mai pesante nonostante gli schematismi, mai una volta, sempre piacevole e di classe. Ci si diverte un sacco con le componenti spettacolari di ogni episodio: il look insolito e irresistibile del Voltes V, le sue armi creative (le Chain Knuckles, le bellissime "trottole" acuminate lanciate da due fruste, etc), l'attacco finale "a V", le orecchiabili musichette che accompagnano i combattimenti, le tonanti urla di battaglia dei piloti, la splendida, scoppiettante sigla d'apertura (famosissima in Giappone) che viene ripetuta in ogni episodio nella sequenza di formazione del robot... La tragicità che condisce tutto rappresenta la ciliegina sulla torta che ben spiega il grandissimo successo all'epoca della serie3 e perché a tutt'oggi si può definire senza problemi la "bella copia" di Combattler V.

Bisogna certo ammettere che i 40 episodi che compongono la serie, in assenza di protagonisti interessanti, sono tanti: l'ottima impressione iniziale inizia un po' a scemare mano a mano che si prosegue con gli schematismi scoprendo lo sviluppo scontato dell'intreccio, la drammaticità spesso esasperatissima e gratuita e gli elementi amorosi non ancora in primo piano (ma del resto non vi erano precedenti sul tema, bisogna contestualizzare il fatto che Combattler V e Voltes V erano i primi a introdurli in TV). Oltrettutto, i soggetti di molti episodi e quasi tutti i twist e le idee più importanti sono riciclati paro paro da Combattler V e riproposti senza un solo cambiamento: inutile anticipare qualcosa rovinando la sorpresa, ma certo è che guardare la serie senza conoscere "l'originale" significa riconoscerle una freschezza che non dovrebbe competerle, retaggi di un passato vicinissimo. Fortunatamente, si tratta di impressioni negative fortunatamente mitigate dal carisma intrinseco dell'opera e dalla "svolta" narrativa che avviene nell'episodio 28, seguito da dodici puntate più legate dalla continuity che mai. L'episodio finale, infine, per quanto ampiamente telefonato, è visivamente potente e sufficientemente epico, nel suo melodramma e nelle sue suggestioni storiche, da giustificare l'attesa, consegnando ai posteri una splendida conclusione (rispetto a quella del precedessore) che difficilmente si potrà dimenticare. Voltes V brilla, infine, anche dal lato tecnico: contando ancora una volta sui soldi di Toei e la perizia tecnica di Sunrise, può vantare buonissime animazioni e disegni di gran lunga migliori a quelli di Combattler V, sia nel chara (ben più virile) che nel mecha "animalesco" delle Samurai-Bestie.

Chiaro che con Voltes V non si possa parlare di una visione obbligata, molto figlia del suo tempo e davvero troppo, troppo debitrice al suo predecessore in fatto di originalità, ma di certo è forte di un grande impatto scenico, ed è una serie non invecchiata male come molte altre degli anni '70, usufruibilissima anche da uno smaliziato pubblico moderno. Insomma, un'opera degna della nomea cult che ha trovato in Giappone e nel mondo (tanto da originare, lo stesso anno, un film riassuntivo-celebrativo dei primi 18 episodi concepito per il mercato estero, oltre a numerose e successive citazioni in anime, manga e videogiochi). Il voto finale non è irresistibile, ma non tradisce un elemento che per chi scrive è fondamentale in una qualsiasi forma di arte: il carisma. Voltes V ne ha da vendere.


Nota: Voltes V è uscito anche in Italia nel 1983, con il nome di Vultus V. Bisogna purtroppo constatare che il suo doppiaggio/adattamento ricade tra i peggiori di sempre dell'epoca: impreciso/improvvisato, con quattro voci inadatte e riciclate ovunque, agghiacciante recitazione (terribili i falsetti usati per i boazianiani) e nomi di armi e personaggi inventati. Raccapricciante e indifendibile sotto ogni punto di vista. Addirittura il robottone passa da un tonante "Voltes Five" a un inascoltabile "Vultus Cinque". Non si è salvato dallo stupro neanche il lungometraggio riassuntivo del 1977, distribuito da Yamato Video (col titolo Vultus V: Il Film) e basato anch'esso sui nomi stravolti dell'adattamento storico.

Voto: 7,5 su 10

ALTERNATE RETELLING
Super Electromagnetic Machine Voltes V: The Movie (1977; film)


FONTI
1 Fabrizio Modina, "Super Robot Files: 1963/1978", J-Pop, 2014, pag. 178
2 Booklet allegato al Memorial Box 1 dell'edizione in DVD Yamato Video di "Lady Oscar", pag. 2
3 Francesco Prandoni, "Anime al cinema", Yamato Video, 1999, pag. 77

7 commenti:

Unknown ha detto...

Non sarei così duro col doppiaggio: purtroppo fino a metà anni '90, con il successo degli anime nel mercato vhs, era considerato un lavoro di serie B e sottopagato. Da qui spesso un adattamento svogliato.
Certo: rivisto oggi è ridicolo sentire il protagonista, suo padre, il cattivo (suo fratello) e altri 10 personaggi con la stessa voce.
Però stranamente, da bambini non ci si faceva caso.

skyandphotos ha detto...

Spero che lo ridoppino, se lo meriterebbe perché è una bella storia. Mi infastidisce che certi anime odierni abbiano un doppiaggio sopraffino, pur essendo scadenti e commerciali al massimo.

frizio ha detto...

sempre + affascinato dai robottoni dell'infanzia,dopo zambot e jeeg mi son rivisto anche questo:molto soddisfatto.
come ormai nella maggior parte dei casi mi trovo completamente d'accordo con la recensione,già rispetto a jeeg si notano le differenze nelle sceneggiature degli episodi.
SOlo nn capisco come mai nagahama &co. abbiano voluto arricchire un po'tutto tranne i 5 piloti...
Ho apprezzato molto la cura nei disegni:quello che ho sempre disdegnato in tutti gli anime,sia di quelli vecchissimi che di quelli attuali,è la differenza di qualità tra i vari episodi.
l'ho rivista in jeeg ma già da adolescente la vedevo in ken,nei cavalieri dello zodiaco,poi da ventenne in dragonball etc.
Qua in vultus ho notato una minima differenza di disegno tra gli episodi e la qualità di questi era molto alta(o almeno,per il mio gusto personale,ovviamente).
Da notare l'ultimo episodio disegnato meglio di tutti gli altri;specialmente si vede nei primi piani di sirius/hainel,molto + particolareggiati,coi tratti pastellosi/a carboncino che amo così tanto(e che non capisco non tornino di moda....cioè,quelli non sono disegni vecchi ma è arte!).
L'unico appunto alla recensione è che il tema dell'amore tra hainel/sirius e katherine viene trapelato solo negli ultimi 3 episodi,in effetti poteva essere sviluppato prima.

Il doppiaggio/adattamento è a dir poco scandaloso:non solo c'è un doppiatore che che doppia protagonista,antagonista,voce narrante e voci secondarie ma la sua voce è anche orrenda!
cioè non sembra una voce da doppiatore...
fa ridere che per sirius/hainel abbia utilizzato un tono rauco...e fa ancora + ridere che negli ultimi episodi il personaggio viene doppiato da un altro doppiatore che....mantiene il tono rauco!
Beh,in effetti ha un senso...però fa tristemente ridere...
L'adattamento è ridicolo,sembra un preambolo di cosa combinerà valeri manera a mediaset...michelle x il protagonista,gepi(ma che nome è gepi???),la spada excalibur(!!!),i nomi delle armi che cambiano di puntata in puntata etc. solo il roller platt rimane sempre lo stesso:ok,il nome è inventato ma ci sta bene(e poi nn cambia mai).
Mi son piaciute molto le puntate intorno la 25 con i boazaniani che hanno la nuova armatura in boazanite,poi c'è lo sparviero misterioso,l'upgrade del vultus + volte fallito etc.

Jacopo Mistè ha detto...

Forse non hanno arricchito la personalità dei cinque piloti perché sono copia carbone (neanche tentano di mascherarlo!) di quelli di Combattler V, che erano già sufficientemente caratterizzati a confronto e non vi era quindi nulla più da dire.
La mia idea è che di Combattler V abbiano voluto dare ancora più profondità al cattivo (il generale Garuda), riprendendolo e migliorandolo in ogni aspetto in Voltes V e per questo tralasciando invece gli eroi che erano già conosciuti.
Voltes mi è piaciuto un botto, comprerei molto volentieri la serie qualora arrivasse in DVD o Blu-ray. La versione giapponese la preferisco di gran lunga: non solo per gli ovvi nomi originali di personaggi e armi, ma anche perché a ogni agganciamento del robot parte la sigla d'apertura di accompagnamento, che ti invito caldamente ad ascoltare su youtube per farti un'idea di quant'è grandiosa!

È nel successivo General Daimos (molto bello anche lui) che le storie d'amore diventano centrali nella narrazione!

Grazie per il commento!

Frizio ha detto...

Infatti ora parto con daimos!
Cmq fortunatamente x tutti noi la sigla iniziale è presente in tutte le trasformazioni degli episodi italiani.
Senza quella l'avremmo sicuramente amato d meno

Zio998 ha detto...

Per merito Vostro mi sono reinteressato a Voltes, che da ragazzo avevo intravisto ma quasi dimenticato perché non ero riuscito a seguirlo come meritava. All'epoca, a me, quei doppiaggi davano già sui nervi. Ho scovato da Feltrinelli un dvd del film, iniquo recap (che in più gira male), e comunque ho rivalutato animazioni ambiziose, anche se un po' imprecise, e la fantasia di armi e mecha, proprio come dite nel blog. Mi è dispiaciuto non trovare, fra i tristissimi extra, neppure la sigla italiana, mooolto ispirata a starsky e hutch che mi piaceva quanto l'originale giap. Sempre grazie

Jacopo Mistè ha detto...

Ma grazie a te! ;)

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