lunedì 30 luglio 2012

Recensione: The Cockpit

THE COCKPIT
Titolo originale: The Cockpit
Regia: Yoshiaki Kawajiri, Takashi Imanishi, Ryousuke Takahashi
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Leiji Matsumoto)
Sceneggiatura: Yoshiaki Kawajiri, Takashi Waguri, Ryousuke Takahashi
Character Design: Yoshiaki Kawajiri, Toshihiro Kawamoto, Yoshinobu Saito
Mechanical Design: Hiroshi Nagahama, Hajime Katoki, Sadami Morikawa
Musiche: Masahiro Kawasaki, Kan Inoue, Kaoru Wada
Studio: Mad House
Formato: serie OVA di 3 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di uscita: 1993


Quando ci si appresta a visionare un'opera ambiziosa come The Cockpit (1993), dietro la cui realizzazione risiedono i nomi biblici di Ryousuke Takahashi, Yoshiaki Kawajiri, Kaoru Wada, Hajime Katoki e Toshihiro Kawamoto, più che attendersi un capolavoro accade, invero curiosamente, di partire prevenuti, perché non sono certo isolati i casi di produzioni animate high budget e realizzate da staff all-star che, in assenza di un soggetto forte, si limitano a mascherare, dietro regie autoriali, animazioni eccelse e favolosi disegni, un'imbarazzante mancanza di contenuti (come i freddi Manie-Manie - I racconti del labirinto del 1983, o il Robot Carnival del 1987). I timori non sono certo rafforzati dall'origine cartacea del progetto Cockpit, in questo caso l'antologia di racconti Battlefield, ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale a opera di quel Leiji Matsumoto che già di suo è letargico nei tempi di narrazione. Fortunatamente il risultato è buono: come previsto non è certo di un'opera di elevatissimo livello, ma sicuramente piacevole. Anche se creato da Leiji Matsumoto. Anche se diretto, tra gli altri, da Ryousuke Takahashi.

The Cockpit si compone di tre episodi di 24 minuti l'uno, ciascuno diretto, scritto, musicato e disegnato da star diverse come da tradizione. Fil rouge che lega le tre storie, ovviamente, il celeberrimo pensiero matsumotiano della sublimazione del sacrificio, del senso d'onore e dei sogni che rendono grande l'individuo, permettendogli di distinguersi dalla massa amorfa. Figlio della Seconda Guerra Mondiale e della Guerra Fredda, l'autore rivive in The Cockpit il terrore dell'atomica dando connotazioni epiche ai suoi protagonisti, militari qualsiasi dell'armata imperiale nazista o nipponica in lotta con i mostruosi americani che che possiedono l'armamento, anche se questo significa trasformare in eroi anche i kamikaze (ragione per cui l'opera desterà un certo scandalo in America). Chiaramente, con racconti stand-alone di poco più di venti minuti certo è impossibile aspettarsi intrecci elaborati o protagonisti tridimensionali, nonostante tutto gli esili soggetti funzionano, i personaggi convincono nella loro basica semplicità e le visioni si rivelano apprezzabili, lontane dalla compiaciuta lentezza a cui Matsumoto ha abituato nei suoi manga.

Si apre con Slipstream, scritto e diretto da Yoshiaki Kawajiri. Ambientato in Germania nell'agosto 1944, racconta di un asso dell'aviazione della Luftwaffe che, dopo una figuraccia rimediata con un combattimento aereo, ha l'occasione di riabilitare il suo onore scortando a Peenemünde un B17 contenente un importante segreto militare che cambierà l'andamento della guerra. Tema principale è la coscienza, l'eroismo di un uomo che preferisce farsi addossare il marchio della vergogna e del tradimento piuttosto che consegnare al Terzo Reich la bomba atomica che gli farà vincere la guerra con catastrofici risultati. Sonic Boom Squadron (scritto da Takashi Waguri e diretto da Takashi "Mobile Suit Gundam 0083: Stardust Memories" Imanishi) gioca a invertire le parti, con un soldato dell'aviazione nipponica che, pur cosciente degli orrori della guerra, preferisce rimanere fedele al suo Paese accettando il ruolo di kamikaze, proprio nel giorno dello sganciamento dell'atomica. Si chiude infine con Knight of the Iron Dragon di Ryousuke Takahashi, apparentemente il segmento più allegro e ironico, ma che anch'esso finisce poi in tragedia, raccontando di due soldati giapponesi di stanza nell'isola filippina di Leyte che, per il loro senso del dovere (in questo caso mantenere una certa promessa), decidono, in una calda giornata dell'ottobre 1944, di dirigersi in sidecar verso una postazione alleata che sanno già essere stata conquistata dai nemici. Tre storie riuscite, poetiche nella celebrazione dei valori di cui si fanno bandiera, che ironicamente, in perfetto contrasto con le altre antologie animate, penalizzano la personalità dello staff a favore della maggior compattezza narrativa.


In effetti, visti i temi trattati, è difficile sfruttare le prodezze registiche di Kawajiri e Imaishi, più a loro agio in storie d'azione che non in war drama. Si sente molto, poi, la mancanza di personalità nello stile grafico, a opera di ben tre artisti di cui uno famosissimo (Toshihiro Kawamoro), costretti però a interpretare rigidamente, e con poche libertà creative, le classiche, algide fisionomie matsumotiane. Stessa fiacchezza anche nel mecha design, ovviamente per l'impossibilità di spettacolarizzare vetusti aerei di guerra degli anni 40 (a che pro chiamare Hajime Katoki?). Difficilmente, insomma, si scorgono differenze estetiche tra un episodio e l'altro, a riconoscere l'apporto delle star. L'elemento di "grande occasione" si ferma alla lettura dei semplici credits, ma visti i precedenti non è sbagliato, ogni tanto, sapersi accontentare.

Voto: 7 su 10

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