giovedì 17 novembre 2011

Recensione: Tetsujin 28 - Morning Moon of Midday

TETSUJIN 28: MORNING MOON OF MIDDAY
Titolo originale: Tetsujin 28-go - Hakucho no Zangetsu
Regia: Yasuhiro Imagawa
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Mitsuteru Yokoyama)
Sceneggiatura: Yasuhiro Imagawa
Character Design: Takashi Nakamura, Shingo Ishikawa
Musiche: Akira Ifukube
Studio: Palm Studio
Formato: film cinematografico (durata 95 min. circa)
Anno di uscita: 2007

 
Il Giappone si sta faticosamente riprendendo dopo le tragiche conseguenze della Seconda Guerra Mondiale, e trova nell’ingegneria robotica il settore su cui puntare per un futuro radioso. Il Tetsujin 28, però, il più ambizioso mecha realizzato al servizio del Paese, fa gola a molti esponenti del crimine, e quando a Tokyo iniziano a esplodere dei giganteschi ordigni nascosti nel sottosuolo, tocca al giovane Shotaro intervenire per riportare l’ordine…

Operazione sempre interessante, quella di prendere personaggi, situazioni, contesti e atmosfere di una serie, in questo caso quelli di Tetsujin 28, e schiaffarli in una storia nuova di zecca che azzera ogni sviluppo, narrativo e psicologico, raggiunto nell’opera madre, e ricomincia dall’inizio in una sorta di universo alternativo. Ben noto è per esempio Eureka Seven: The Movie (2009), con cui BONES reinterpreta la serie originale del 2005, un po’ meno lo è questo Tetsujin 28 - Morning Mood of Midday (2007), per il momento unico lungometraggio nelle ventennale carriera di Yasuhiro Imagawa.

La serie TV rende omaggio al monumento robotico di Mitsuteru Yokohama con una semplicità e una devozione raramente viste altrove e, se il prodotto finale non mostrava un Imagawa ispirato come nelle riletture di altri manga di Yokoyama e Nagai, tuttavia l’opera possiede tratti di grande potenza storica nella visione di un Giappone che lentamente si lascia alle spalle gli orrori della Seconda Guerra Mondiale abbracciando innovazioni tecnologiche e meccaniche in un riuscitissimo scenario steampunk. Con il film non cambiano le mire storico-sociali di Imagawa, né chiaramente i protagonisti e le loro nemesi, a mutare è invece l’approccio, nel quale sparisce la sobrietà buonista e infantile di cui la serie TV è volutamente e piacevolmente zeppa in favore di atmosfere piuttosto tetre e minacciose che richiamano per certi versi il thriller: la minaccia che incombe sul Giappone, insolita e con un apprezzato fascino malvagio, agisce infatti come un conto alla rovescia sulle personalità di Shotaro e compari, sempre più con l’acqua alla gola mentre le bombe nascoste nel sottosuolo continuano a esplodere senza che loro siano realmente in grado di prevedere le mosse del villain.

Villain che dietro la maschera non nasconde particolari sorprese, è palesemente scontato chi sia il burattinaio che tiene in scacco il robottone-caffettiera con le sue decine di ordigni sotterranei, ma è nel gioco narrativo, nella costruzione dei fatti che il film di Tetsujin 28 prende nuova vita coinvolgendo lo spettatore con un discreto rompicapo strutturale. Il ruolo dei personaggi storici (i Big Fire, il padre di Shotaro, Murasame) viene infatti sfruttato per garantire gradevoli aloni di mistero in una storia sì dall’esito prevedibile, ma dall’intreccio sufficientemente tortuoso e affascinante. Niente che ricordi pienamente l’Imagawa acrobata dei già accennati Giant Robot (1992) e Mazinger Edition Z! The Impact (2009) (e Imagawa stesso non spenderà parole positive per questo lungometraggio, funestato da varie peripezie di produzione), ma il soggetto presenta una buona idea action, una corsa contro il tempo che rimane visivamente impressa e che lascia con un’orgasmica trasformazione finale del Tetsujin (il che è un pregio non da poco, pensando a quali siano le dozzinali basi di partenza).


Ciò che non funziona sono però i personaggi principali, come Shotaro e il commissario Ootsuka, privi più di tutti di una vera e propria tridimensionalità che li possa far apprezzare e soprattutto comprendere anche a chi non abbia visto la serie TV. Già è presente una generale superficialità nella costruzione dei profili psicologici, ma si tratterebbe tutto sommato di un difetto digeribile se l’ingombrante presenza dell’opera madre non fosse, a tratti, visione necessaria per inquadrare certi comportamenti, certi atteggiamenti altrimenti privi di spiegazione. A sommarsi a tale lacuna, l’irritante tendenza, soprattutto nel concitato e confuso finale, nel far apparire di colpo i vari personaggi per recitare i personali spiegoni necessari, sulla carta, per una completa comprensione dello svolgimento dei fatti.

Non si rimane pertanto pienamente soddisfatti, si tratta di una pellicola che offre novanta minuti di discreto intrattenimento con un’interessante meccanica thrilleristica, ma che soltanto con una maggior attenzione psicologica e, magari, un minutaggio più elevato in modo da alleggerire la compressione degli eventi, avrebbe pienamente centrato il bersaglio. Consigliata comunque a chi ha apprezzato la serie tv e non è rimasto spaventato dal chara design old style, tra l’altro qui ben potenziato dal maggior budget a disposizione.

Voto: 6 su 10

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