martedì 30 agosto 2011

Recensione: Gravion

GRAVION
Titolo originale: Chōjūshin Gravion
Regia: Masami Obari
Soggetto: Masami Obari, Kazumitsu Akamatsu, GONZO
Sceneggiatura: Fumihiko Shimo
Character Design: Makoto Uno, Junichi Takaoka
Mechanical Design: Kunio Okawara, Masami Obari, Hitoshi Fukuchi
Musiche: Hikaru Nanase
Studio: GONZO
Formato: serie televisiva di 13 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2002


Alla ricerca della sorella Ayaka, scomparsa da anni e dalla quale ha appena ricevuto una misteriosa lettera, Eiji Shigure si infiltra nel gigantesco castello del milionario Klein Sandman, impegnato a ricevere in un elegante salone l'élite dell'Earth Federation Alliance. Sandman possiede le Gran Divas, potentissimi robot in grado di combinarsi insieme, col Gran Kaiser, nel possente God Gravion, e con esse intende costituire, insieme alle forze armate federali, la difesa della Terra contro la minaccia degli extraterrestri Zeravire. Eiji possiede il rarissimo Fattore genetico G, che gli permette di salire ai comandi della più potente delle Gran Divas, il G-Attacker, e per questo motivo Sandman lo ha attirato lì con l'inganno inviandogli la lettera. Il ragazzo sarà quindi convinto ad unirsi alle forze di Sandman insieme ad altri tre piloti, e tutti si trasferiranno così nella casa del milionario, custodita da una sterminata servitù di cameriere...

Masami Obari significa, per legioni di appassionati di mecha ma non solo, un piacevole brivido lungo la schiena: il suo nome richiama da un lato look grafici avveniristici, dall'altro animazioni superlative. Parliamo del leggendario talento prodigioso che a soli 19 anni realizzava il mastodontico mecha design di Dancouga (1985) e a 21 quello di Dangaioh (1987), nel mentre mettendo la firma ad alcune delle scene d'azione più spettacolari di Fight! Iczer-1 (1986) e alla indimenticabile prima opening di Metal Armor Dragonar (1987). Poi, nel tempo, l'artista diventa anche stimato illustratore e regista, firmando opere, per la maggior parte confinate nell'home video, capaci di toccare ogni genere, dal picchiaduro al porno, dall'horror al robotico, trovando un personalissimo e inedito chara design destinato anch'esso a fare scuola, una summa di colori sgargiantissimi, corpi erotici e linee taglienti come rasoi, al servizio di un tratto ben caratteristico e grondante stile che diventa, inutile negarlo, il vero protagonista di storie altrimenti banali dove conta più lo stupore estetico che i contenuti. Obari viene perciò ricordato, a ragione, come un adepto perfetto della leggendaria "dottrina Macross".

Chiaro che nei primi mesi del 2002, alla notizia dell'imminente uscita di una serie televisiva robotica diretta e disegnata da lui e dal suo piccolo Studio G-1 Neo, con le animazioni di GONZO, le quotazioni verso un altro cult salgono. Arrivano dunque i 13 episodi che compongono la prima serie di Gravion, robotico very old style, che tenta di essere, come il modesto Great Dangaioh (2001) prima di lui, un aggiornamento spettacolare ed esagerato delle classiche serie Super Robot degli anni '70, tanto amate dal regista. Un salto nel passato, dunque, che per ovvi motivi non può non necessitare di quegli elementi di fanservice che il moderno pubblico di robofan reputa sacri: sigla di apertura affidata ai JAM Project (per i profani: il gruppo J-Rock, nato nella serie videoludica Super Robot Wars, specializzato a realizzare sigle robotiche dalle potenti sonorità heavy metal) e un robottone protagonista, il God Gravion appunto, gigantesco e imponente come non mai, ideato congiuntamente dal veterano Kunio Okawara e Obari, dai colori pacchianissimi e dotato di armi devastanti (ispirato allo Zambot 3 e al Daitarn 3 delle rispettive serie animate1). A seguire, coloratissimi e seducenti disegni ispirati alla "scuola Obari", la classica, lunghissima "sequenza d'agganciamento" ogniqualvolta il God Gravion è evocato per combattere e, ancora, numerose strizzatine d'occhio erotiche. Il nuovo decennio vede il pubblico otaku sempre più  attratto da ragazze dal fisico prorompente, e Obari, giustamente, crea con Gravion l'originale capostipite di una nuova generazione di robotici "ecchi", serie mecha che condiscono le consuete battaglie robotiche con tette che rimbalzano da un'inquadratura all'altra, ardite inquadrature di fondoschiena e posizioni hot, e ogni altro elemento pruriginoso possa far risaltare il sex appeal del gruppo di personaggi femminili che ruota attorno all'eroe (la sola Mizuki Tachibana, la biondona del gruppo per intenderci, porta una sesta o settima di seno, giustamente sbandierata in ogni sequenza). Se tutto sommato il primato di prima serie animata con una "fisica del movimento dei seni" spetta nel 1988 a Punta al Top! GunBuster e allo studio GAINAX, alla fine è Gravion il Very First One ad usarla con scopi ammiccanti e sensuali. Gravion presenta tanti elementi profetici di un nostalgico, fracassone revival del passato "ammodernato" agli stilemi odierni, ma il risultato è crudelmente vanificato da una cura infima in quelli primari.


Esteticamente favoloso, sotto il profilo narrativo Gravion è un disastro. Non si può rinfacciargli la scelta di privilegiare, per la maggior parte della sua durata, puntate di puro scazzo colme di umorismo demenziale, tralasciando quasi del tutto momenti drammatici o che portino concretamente avanti la trama (del resto a Obari interessa divertirsi il più a lungo possibile, in una storia leggera e scanzonata), ma la sagra dei personaggi-macchietta è una triste realtà, con i due eroi, Eiji e Touga Tenkuji, fighetti e insignificanti al massimo, e gli altri ancora peggio, un folto cast di insulsi bambolotti e otaku-oriented (la tsundere, la dominatrice, l'occhialuta e timida, etc.) il cui unico contributo si riconduce a faccine demenziali, gag ed equivoci preistorici a sfondo harem e dialoghi di serie C. Proviamo ora a immaginare una serie nel cui 40% di durata conversano questi manichini antipatici e la restante parte sono solo mazzate robotiche della peggior specie, prive di alcun risvolto nella trama e con i robottoni disegnati senza alcuna cura, tutti anonimi e mal fatti eccetto il God Gravion. Si potrà  rispondere che questo spirito "cazzaro" è pienamente degno della "Seconda Generazione di registi" a cui appartiene Obari, ma un conto è realizzare questo genere di storie in brevi serie OVA tecnicamente superbe, in cui l'attenzione è concentrata sul solo sfarzo grafico, un altro in lunghe serie TV a budget non proprio altissimo. Senza contare che i siparietti comici sono così puerili, ridondanti e scontati (Eiji che si ritrova sempre nudo di fronte alle "cameriere" del palazzo-fortezza di Sandman, le tette sempre più salterine dei personaggi femminili, frecciatine sexy numerose ma prive di coraggio nell'osare andare "oltre"), che, anche per demerito dell'orrido cast, trasmettono un totale senso di estraneità. L'insieme delle cose porta a una noia che attanaglia perennemente lo spettatore, se non in quei 2/3 episodi meno scontati degli altri (magari più ispirati dal punto di vista comico, e che sfruttino meglio il carisma dell'unico attore riuscito della storia, l'eccentricissimo Sandman) che rimangono comunque semplici riempitivi - quel pochissimo che è rilevante ai fini dell'intreccio è confinato nell'oblio delle puntate monotone. La vicenda, con tutti i suoi misteri da svelare (l'origine degli Zeravire, l'identità di Sandman, la sorella di Eiji), non avanza MAI concretamente, preferendo rinviare tutte le risposte alla seconda stagione che ancora non si sapeva, all'epoca della trasmissione, se si sarebbe realizzata.

Molto c'è anche da rimproverare a quegli elementi che, secondo Obari, dovrebbero esaltare i robofan a cui è rivolto Gravion: la colonna sonora è decisamente spenta e insignificante, tale che è come se non ci fosse (rendendo ancora più punitive le lunghe, a volte lunghissime, sequenze di combattimenti); la canzone d'apertura dei JAM Project è decisamente sottotono rispetto ai loro standard; e anche la regia è controversa, oscillando in più riprese tra il creativo e l'annoiato, spesso ispirata e capace di trasmettere, col suo dinamismo, la fisicità dei devastanti scontri, ma in altre occasioni fredda, incolore, quasi statica. Non mancano neppure bruschi stacchi da una sequenza all'altra, a testimonianza di un montaggio tutt'altro che impeccabile.


Vero è che Gravion attesti, ancora una volta, come nei suoi lavori Obari preferisca sedurre gli occhi col suo sgargiante stile grafico fregandosene di eventuali deficienze narrative, ma questa volta la lunga durata della sua opera non riesce a farsi perdonare l' "inganno". Già dopo le prime puntate non si vede l'ora di finire al più presto una simile condanna, e questo è un gran peccato considerando le interessanti premesse iniziali. Tramesso in orario notturno in cui, ovviamente, farà bassi ascolti (2,2% medio2), Gravion troverà popolarità nel gioco d'azzardo con i pachislot3 e, probabilmente, con le vendite di DVD, guadagnando abbastanza da convincere i produttori a permettere, due anni dopo, la produzione della seconda stagione che chiude tutto. In questa, Gravion si riprenderà parzialmente, ma senza esprimere neanche lì tutto ciò che poteva e doveva essere.

Voto: 4 su 10

SEQUEL
Gravion Zwei (2004; TV)


FONTI
1 Esauriente articolo sull'influenza di Masami Obari nell'ambiente dell'animazione, pubblicato nel sito "The Vanishing Trooper Incident" alla pagina https://vanishingtrooper.wordpress.com/2012/06/16/masami-obari-part-2-influences-and-style/. In una intervista pubblicata sullo stesso portale (https://vanishingtrooper.wordpress.com/2015/08/20/interview-with-kunio-okawara-from-the-sankei-newspaper/), Obari fa notare che i piedi del God Gravion sono uguali a quelli di Daitarn 3
2 Consulenza di  Garion-Oh (Cristian Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit)
3 Come sopra

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