mercoledì 1 giugno 2011

Recensione: Panzer World Galient Part III - Crest of Iron

PANZER WORLD GALIENT PART III: CREST OF IRON
Titolo originale: Kikou Kai Galient - Tetsu no Monshō
Regia: Ryousuke Takahashi, Masashi Ikeda
Soggetto: Hajime Yatate, Ryousuke Takahashi
Sceneggiatura: Soji Yoshikawa
Character Design: Norio Shioyama
Mechanical Design: Yutaka Izubuchi, Kunio Okawara
Musiche: Tooru Fuyuki
Studio: Sunrise
Formato: OVA (durata 54 min. circa)
Anno di uscita: 1986


Nell'agosto 1986, a sorpresa, la terza incursione home video di Panzer World Galient (1984), invece di donare un seguito o una side-story alla storia originale, sceglie invece una strada diversa: una rinarrazione alternativa e rigirata da zero dell'intera trama. Spirato ogni ottimismo nel dare una degna conclusione al deludentissimo finale televisivo, la serie di Ryousuke Takahashi può solo sperare, vanamente, di trovare risultato più felice in un remake dalla durata poco incivisiva, riconducibile a meno di un'ora totale di girato. Non ci riuscirà neanche lontanamente, ma almeno Emblema di ferro risulterà a suo modo interessante, una rilettura stravagante che rifiuta l'hard fiction della serie TV per improntarsi al magico e al soprannaturale (come del resto ammette il regista, quando dice che l'OVA è nato proprio per differenziarsi in questa maniera1) e che scombina completamente i tratti principali e i personaggi di Galient.

Nella realtà alternativa raccontata dallo stesso sceneggiatore originale Soji Yoshikawa, il malvagio Marder è ora un saggio sovrano e il suo sgherro Hy Shaltat, l'eroe Jordy e la sua inseparabile Chururu addirittura i suoi figli, tre fratelli eredi al trono. Hilmuka, infine, si riscopre membro di una tribù di uomini-uccello (?). Emblema di ferro racconta una storia più o meno assurda, di Hy che teme che Jordy succeda al trono e di una misteriosa luce che lo possiede risvegliando il suo animo malvagio, portandolo ad assassinare il padre e a tentare un colpo di Stato coi suoi uomini dopo aver preso possesso di un misterioso, gigantesco Panzer. Jordy non se ne sta in attesa degli eventi, si ribella al fratello ed è sconfitto, ma senza apparente spiegazione è "salvato" dal Galient, proveniente da chissà che dimensione, che diventa quindi la sua arma per affrontare l'usurpatore. Metà episodio è dedicato a tratteggiare la rivalità tra i due principi, l'altra a mostrare le battaglie di Jordy e del Galient con gli uomini di Hy fino allo scontro finale con quest'ultimo. Nonsense a non finire, personaggi senza un perché nella trama (qual è il senso di Hilmuka, che si limita a osservare gli eventi senza fare nulla?) e un finale mistico ed ermetico condiscono il lavoro Sunrise, la cui unica chiave di interesse risiede nella rilettura grafica di personaggi e mecha.

Norio Shioyama opera un poderoso restyling al suo lavoro precedente, trasformando in adulti Chururu e Jordy, tagliando i capelli a Hilmuka e modellando Marder sulle fattezze di Asbeth (quest'ultimo eliminato proprio dall'intreccio, come il comprimario Wind). Al contempo, gli artisti del mecha Yutaka Izubuchi e Kunio Okawara modificano il design originale dei robottoni cambiandone i dettagli e donando loro una forma tenebrosa che li rende più minacciosi che mai. Basterebbero questi stravolgimenti e rendere interessante la visione, e oltre a questo va anche considerato il massiccio budget riversato da Sunrise, estremamente superiore a quello della serie TV, che si esprime in animazioni fluidissime e continuative che esplodono, nel lunghissimo e spettacolare finale (doveroso ricordare che, anche se non esplicitamente dichiarato nei credits, il vero regista dell'OVA, che ne ha curato l'80% e quindi presumibilmente anche questa sequenza, sarebbe Masashi Ikeda2), in un'orgia tecnica di fisicità e distruzioni. Questi quattordici, tesissimi minuti, privi di accompagnamento musicale e affidati ai soli effetti sonori, sono decisamente un concentrato di epicità assoluta: una lunga e spettacolare sequenza di battaglia, in cui gli unici elementi sonori sono dati dai clangori di spade, fulmini, effetti speciali e devastazioni di architetture, sotto i colpi distruttivi delle armi del nuovo Galient e dei Panzer nemici. Divertimento assicurato e di un certo effetto per il robofan, un po' meno per chi si aspetta da Emblema di ferro anche una storia degna di essere raccontata.


La visione degli OVA di Galient, ahinoi, non fa cambiare di un'unghia il giudizio della serie originale, che anzi, priva di un proseguimento o di una rilettura degna, rimane gravemente martoriata dall'inesistente carisma dei personaggi e dalla fiacca conclusione originale. Galient si inserisce, in definitiva, nella lista di produzioni robotiche davvero insipide nella sostanza: un esponente del genere che delude un po' tutti i fan del regista, che si aspettano qualcosa di vicino a Fang of the Sun Dougram (1981) e Armored Trooper Votoms (1983) e si ritrovano invece con un vintage fantasy/robotico senz'anima.

Voto: 5 su 10

RIFERIMENTO
Panzer World Galient (1984-1985; TV)


FONTI
1 Intervista/discussione con Ryousuke Takahashi, pubblicata nella pagina web http://www.forbes.com/sites/olliebarder/2016/09/06/ryosuke-takahashi-on-directing-anime-and-how-his-works-have-defined-mecha-for-over-three-decades/#556598907c73
2 Come sopra

1 commento:

Anonimo ha detto...

Crest of Iron è l'unica cosa che si salva di Galient, ed è un piccolo gioiello grafico in stile Amleto.
Se avessero scelto di rinarrare la storia con più cupezza, gli stessi mecha del Part III e maggiori misteri e chiarimenti sulla razza di Mardal e Hilmuka nei tre oav, il risultato sarebbe stato ottimo al pari dei 3 oav di Layzner.

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