mercoledì 17 novembre 2010

Recensione: Ghost in the Shell

GHOST IN THE SHELL
Titolo originale: Kōkaku Kidotai
Regia: Mamoru Oshii
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Masamune Shirow)
Sceneggiatura: Kazunori Ito
Character Design: Hiroyuki Okiura
Mechanical Design: Atsushi Takeuchi, Shoji Kawamori
Musiche: Kenji Kawai
Studio: Production I.G
Formato: film cinematografico (durata 83 min. circa)
Anno di uscita: 1995
Disponibilità: edizione italiana in dvd & blu-ray a cura di Dynit


Nel ventunesimo secolo la tecnologia raggiunge ormai livelli incredibili: comprare corpi meccanici per vivere a lungo è quasi la prassi per ogni essere umano, e con questi innesti chiunque può viaggiare nella grande rete informatica attraverso cyber-cervelli o comunicare telepaticamente attraverso la propria anima (o Ghost.) In questo futuro avanzatissimo assistiamo alle vicende della Sezione 9, corpo di polizia adibito a crimini informatici guidato dalla grintosa Motoko Kusanagi e dal riflessivo commissario Aramaki. Questa volta i nostri devono risolvere l'inquietante mistero dietro la figura del sofisticatissimo hacker soprannominato Marionettista...

Quella di Masamune Shirow è una figura di autore di fumetti tra le più note in ambito internazionale, l'unica moderna che spicca in mezzo ai soliti Nagai, Tezuka, Matsumoto e Ishinomori. Autore il cui contributo al genere cyberpunk è da ritenersi fondamentale, odiato e amato visceralmente in egual misura da chiunque bazzica nel mondo dei manga: apprezzato per la sua fantasia fervidissima e la capacità di ambientare solidi thriller in meticolosi mondi avveniristici, detestato per il suo essere profondamente di nicchia. Leggere Appleseed, Dominion Conflict, Orion etc significa per molti stare più e più volte a fissare i volumi imbambolati, scioccati dalla mole strabordante di note che l'autore inserisce in ogni angolo di pagina per spiegare i meccanismi dei complessissimi, quasi disumani mondi che riesce a inventare. Al punto che, come dimostra la Storia dell'editoria italiana (e non solo), bastano traduzioni approssimative per rendere incomprensibile qualsiasi sua storia. Il manga Ghost in the Shell (o Squadra Mobile Corazzata d'Attacco, primo del titolo internazionale) è perfetto esemplare di questa categoria: disegnato nel 1989, diviene il lavoro più noto dell'eclettico mangaka acquistando una notorietà immensa, in ambito internazionale, all'indomani della trasposizione cinematografica di Mamoru Oshii, distribuita a in ogni angolo del pianeta e applaudita, insieme a quella di Akira, come il futuro della fantascienza da parte di James Cameron, fratelli Wachowski, George Lucas e altre celebrità, nonostante un modesto successo in madrepatria. Risparmiando al lettore qualsiasi considerazione personale sul rendere mainstream una mente visionaria e contorta come quella di Shirow, bisogna ammettere che non si può certo rinfacciare al cult di Oshii di non essere fatto con la completa padronanza dei mezzi.

Ipocritamente amato, in Italia, anche a fronte di un adattamento becero basato sulla traduzione americana (espressioni scurrili per far figo, errori vari,  sopressione di espressioni politicamente scorrette - come il ciclo mestruale - e la rimozione del brano di chiusura originale per far posto a una canzone dei Passengers) che lo rendono ancor più nuboloso di quanto già non sia in origine, il Ghost in the Shell cinematografico è un'opera d'autore essenzialmente inutile ma realizzata con estrema cura, eccellente nel fornire una sintesi del primo manga. Rifacendosi alla vicenda portante del volume originale, il caso del Marionettista, in animazione lo sceneggiatore Kazunori Ito compie un intelligente taglia e cuci intrecciandolo con intermezzi provienenti da altre vicende (con predilizione per le variegate riflessioni cyber-filosofiche shirowiane, quelle sull'universalità della rete che annulla l'individualismo umano, sull'etica di scambiare il proprio corpo con uno tecnologico per allungare la vita, etc), creando una storia corposa che dà l'impressione di comprimere benissimo il fumetto, eliminando tutto il fanservice tecnologico e le meticolose note descrittive per concentrarsi sulla vicenda portante. Il risultato è un film che, nella sua curiosa breve durata, risulta così solido e completo da non sembrare neanche basato su un soggetto esterno. Merito di questo risiede in una sceneggiatura perfetta, e quando a tradurre in immagini un ottimo script è un grande regista, l'opera che ne nasce non può che essere di alto livello.






Per quanto talvolta criticata, la regia lenta, ponderata e fossilizzata sui primi piani di Oshii funziona perfettamente, donando ulteriore carisma ai numerosi dialoghi di questo inquietante thriller. Ma, sopratutto, Ghost in the Shell fa Storia per la sua confezione, data da straordinarie fusioni tra disegni a mano e CG e avanzate animazioni di grandissima fluidità. Uno splendore tecnico che, intrecciato, quasi tutt'uno con il potente score musicale di Kenji Kawai, compendio di sonorità tribali e new age, genera uno straordinario impatto sensoriale che contribuisce più e più volte a stordire volutamente lo spettatore, immergendolo nell'oscura, quasi claustrofobica civilità high-tech centro del racconto e alimentando il suo senso di straniamento.

Il film di Ghost in the Shell ha il grande demerito di rendere mass oriented un'opera che, per rispetto al media d'appartenenza, avrebbe fatto meglio a rimanere elitaria (apprezzabile solo da chi è capace di dedicare più ore di lettura a un volume monolitico che nella sua sofisticata complessità trova la vera ragione d'essere). A prescindere da questo, però, non si può davvero parlarne male: commerciale, ma di una durata perfetta e realizzato benissimo, capace di lasciare il segno con 3/4 sequenze entrate nella Storia dell'animazione (le scene d'apertura, quelle finali, e nel mezzo lo scontro di Motoko con gli ufficiali dotati di mimetica ottica e il gigantesco Fuchikoma) nonostante un ritmo compiaciutamente lento, così voluto per favorire lo snocciolamento degli indizi che portano allo sviluppo dell'indagine e per favorire le riflessioni dell'eroina sul mondo che le sta attorno. Questo è l'unico punto su cui Oshii trova modo di esprimere la sua poetica personale, sfruttando il mondo ideato da Shirow per parlare, tirando le fila al discorso iniziato su Beautiful Dreamer, della percezione estremamente rarefatta e personale del tempo, che a seconda dei punti di vista - in questo caso umani o cyborg -, è percepito e vissuto con un'intensità diversa. Anche se mi è impossibile non indirizzare il lettore al recupero del manga di riferimento, dove si esprime per davvero l'opera Ghost in the Shell di Masamune Shirow (un volumone da 350 pagine edito in Italia da Star Comics), mi è altrettanto impossibile sconsigliare questo film. Un gran lungometraggio senz'altro, anche se certo non tra i più rappresentativi di quelli del regista (a questo riguardo è molto più personale e oshiiano il seguito Innocences). Futile come qualsiasi sintesi di un'opera importante, ma realizzato con autorialità e confezione indimenticabili.


Inevitabile aprire un discorso sulle varie versioni ed edizioni del film. L'opera originale del 1995, martoriata in Italia, come già detto, da un adattamento approssimativo, nel 2005 conosce un'edizione home video in dvd a cura di Panini Video, che perlomeno permette di usufruire l'opera così com'è stata originariamente concepita per mezzo di sottotitoli fedeli. Tre anni dopo in Giappone esce al cinema il cosidetto Ghost in the Shell 2.0, che altri non è che lo stesso film ripresentato con un un grande restyling grafico e tonnellate di CG che lo imbruttiscono senza ragione. Recentemente Dynit ha acquistato i diritti sia della versione del 95 che del 2008, ridoppiandole interamente in modo finalmente fedele. Purtroppo, se la versione 2.0 è facilmente reperibile in dvd e blu-ray singoli, quella del 95 qui recensita è rimediabile unicamente come extra nella cosidetta Absolute Edition blu-ray, comprensiva anche del 2.0 e di un altro disco ancora di extra. Decisamente un passo falso commesso dalla casa distributrice emiliana.

Voto: 8 su 10

SEQUEL
Ghost in the Shell 2: Innocence (2004; film)

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Buona recensione, ma avresti dovuto andare più nel cuore del concetto espresso nel film.

Ghost in the Shell è divino, perché descrive un concetto estremamente complesso in una sintesi per immagini dal sapore cinematografico; ed il sequel fa lo stesso, ma con più struttura mentale.

http://www.animefan.it ha detto...

Scusa ero io l'anonimo

Simone Corà ha detto...

Ciao!
Penso che in questo caso, come succedeva per PlanetEs, si entri in territori soggettivi. Ghost in the Shell rimane comunque un ottimo, ottimo film, e sul fatto che abbia immagini dal sapore cinematografico non si discute (in fondo è un film cinematografico :-D). :)

ron70 ha detto...

Questo è forse il film d'animazione che preferisco( direi con Akira )e uno dei miei film preferiti in assoluto.Del manga originale mi sambra conservare solo l'intelaiatura ed è andato molto oltre per spessore di tutti i personaggi e per profondità di contenuti che paragonerei solo a 2001 e Blade runner.Eccellenti le musiche,la regia,la grafica...praticamente tutto.

Jacopo Mistè ha detto...

A me è piaciuto molto, ma paradossalmente lo reputo il lungometraggio più innocuo di Oshii. La regia lenta e curata è quella, ma il film segue pedissequamente il fumetto apportando (sempre a mio parere, eh) poco, infighetizzandolo con animazioni, musiche e regia eccellenti ma senza particolarmente migliorarlo o aggiungere elementi inediti. Sotto questo punto di vista ho visto molto più Oshii nel seguito Innocence, dove reinventa completamente un episodio del manga di Gits infarcendolo con tutti i tratti registici e filosofici della sua poetica.

Akira invece proprio non mi piace, ma l'ho visto eoni fa e quindi il mio giudizio potrebbe essere influenzato dall'età, ne riparleremo quando lo rivedrò e recensirò.

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