lunedì 28 giugno 2010

Recensione: Overman King Gainer

OVERMAN KING GAINER
Titolo originale: Overman King Gainer
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Ichirou Ohkouchi
Character Design: Kenichi Yoshida, Kinu Nishimura, Yoshihiro Nakamura
Mechanical Design: Akira Yasuda, Kenichi Yoshida, Kimitoshi Yamane
Musiche: Kouhei Tanaka
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 26 episodi (durata ep. 25 min. circa)
Anni di trasmissione: 2002 - 2003


Una serie di sconvolgimenti climatici porta un periodo di quasi eterna glaciazione sulla Terra, distruggendo le città e costringendo quello che resta della razza umana a cercare rifugio nei più disabitati luoghi del pianeta, ove sono costruite aree urbane chiamate Domepoli amministrate dall'ultima autorità rimasta, la London International Management Authority. La nostra storia inizia in Siberia, dove un gruppo di ribelli capitanato dal rivoluzionario Gain Bijou decide di tentare, trasportando le Domepoli con delle potenti macchine, un vero e proprio esodo verso l'antica terra di Yapan, dalle migliori condizioni climatiche. Questo significherà però dichiarare guerra alla compagnia privata Siberian Railroad Company, alle dipendenze della London IMA e dotata di un proprio esercito di mercenari. Ad aiutare Gain e i suoi compagni nel lungo viaggio, irto di combattimenti con gli Overman (mecha da guerra dotati di incredibili poteri speciali, reliquie di un lontano passato) del nemico, ci penserà il giovane Gainer Sanga, ragazzino campione di videogiochi che si ritrova, fortuitamente, a guidare il potentissimo e bizzarro Overman King Gainer.

Nonostante la fredda accoglienza tributatagli dal pubblico giapponese, che forse ne spiega lo scarso successo1, la breve durata (26 episodi) e il finale abbastanza aperto, non vi è dubbio che Overman King Gainer sia stato un titolo estremamente ambizioso per Yoshiyuki Tomino: anche se per molti potrebbe facilmente venire liquidata come una serie molto leggera, cosa non distantissima, del resto, dalla realtà, questo titolo rappresentò per il suo creatore un'opera di una certa importanza, un tentativo di aggiornare il setting fantascientifico di Gundam a cui non credeva più dopo venti e passa anni di sequel, ideandone uno più coerente e verosimile, quasi una sorta di "nuova rivincita" verso una saga con cui aveva un rapporto davvero contraddittorio.

Anche se è vero che l'eccentrico regista ha "fatto pace" con la sua creazione più rappresentativa con ∀ Gundam Called Turn "A" Gundam (1999), questo non significa che abbia improvvisamente iniziato a condividere anche le sue idee più importanti. Come sappiamo, il "merito" di aver creato il Robot Realistico lui non lo ha mai gradito, reputando sempre ridicola e per niente verosimile l'idea dei combattimenti spaziali tra robottoni umanoidi; ma specialmente, in tutto questo tempo, Tomino provava sempre più frustrazione nel ricevere complimenti per il realismo dell'Era Spaziale, quando lui per primo trovava il suo setting di partenza fortemente datato, irrealistico e assurdo, soprattutto nell'idea delle colonie spaziali orbitanti, presupposto su cui si basava addirittura il primissimo Mobile Suit Gundam (1979) e da cui si sarebbe originata l'intera saga2 (se questo presupposto era inverosimile, inverosimile diventava quindi tutto il resto). Nel 1979 la cosa aveva un senso perché erano molto sentiti il problema del sovrappopolamento del pianeta e la fiducia nell'esplorazione spaziale, ma col passare del tempo l'interesse si attenuava così come l'entusiasmo, e soprattutto Tomino si rendeva conto sempre più che l'idea alla base di Gundam era impossibile, perché non si sarebbero mai trovate le risorse per costruire cilindri artificiali lunghi km da mandare nello spazio e in cui inserire mari, montagne, flora e fauna per "inscenare" una Terra fittizia3. Si può quindi intuire, fino al 1999, quanto fosse stato "felice" il regista non solo di non venire accreditato come "creatore" di Gundam nei copyright delle opere, ma anche di venire obbligato controvoglia a dirigerne seguiti su seguiti in cui doveva rendere sempre più complesso un mondo immaginario che lui stesso reputava non credibile.

Dopo la pace fatta, l'autore ha finalmente modo di togliersi anche questo sassolino dalla scarpa: sul finire del 2000, nel mezzo della scrittura degli storyboard di ∀ Gundam I: Earth Light (2002), mette giù le prime bozze del progetto Overman King Gainer4 (originariamente Gain Gainer, nome dell'omonimo eroe che avrebbe dovuto raccogliere in sé la personalità di quelli che saranno invece i due protagonisti principali, Gain Bijou e Gainer Sanga5) da intendersi come mediometraggio avventuroso di 30/40 minuti6 con cui dare una sua nuova risposta alla ricerca dell'umanità di nuovi territori abitabili: dalla costruzione dei Side si passa all'insediamento dell'essere umano negli incontaminati, enormi spazi desolati del pianeta. Se all'inizio si pensa di far partire l'esodo da un Giappone morente verso la Siberia, poi un suggerimento del produttore fa optare Tomino per il rovesciamento della cosa: l'avventura parte dalla tundra siberiana, e destinazione finale sarà un utopistico Paese del Sol Levante dai terreni ancora fertili7. Sparisce il progetto del mediometraggio (storia troppo ambiziosa per essere ridotta a un così esile minutaggio) in virtù di una serie televisiva, e infine Tomino viaggia, nel 2001, per alcuni giorni in Siberia, per ricavare materiale da usare sia per le ambientazioni paesaggistiche della storia, sia per farsi un'idea di che tipo di ritratto umano dare agli abitanti delle zone8. Il meticoloso lavoro si concretizza infine il 7 settembre 2002, quando King Gainer fa il suo debutto nel canale a pagamento WOWOW.


A dispetto, come già anticipato, dell'idea di una drammatica odissea di una nuova White Base (o meglio di tante piccole Domepoli) alla ricerca di terre fertili dove sopravvivere, il prodotto finale non rappresenterà una storia seriosa. A chi si aspetta, erroneamente, un titolo, se non cupo, almeno epico, il regista risponde con uno sberleffo (come da locandina della pubblicità originale giapponese della vendita in DVD della serie, da cercare, ammirare e riammirare!). Se già Brain Powerd (1998) e Turn A Gundam raccontavano storie "serie" con fare solare, King Gainer va oltre e ingigantisce al massimo le atmosfere allegre fino a raggiungere la comicità (addirittura l'eyecatch fatto col pongo!), riprendendola da Blue Gale Xabungle (1982) e Heavy Metal L-Gaim (1984) (soprattutto dal primo, col suo cast di personaggi burloni e mecha buffi). Addirittura, l'approccio ilare è stato difeso coi denti dal creatore, che ha dovuto imporsi sullo sceneggiatore principale della storia, Ichirou Ohkouchi, che voleva scrivere una storia drammaticissima e sanguinaria, per costringerlo a più miti consigli ("Guarda che il rivale di questo anime è Crayon Shin-chan!", gli dirà)9. Questo comunque nulla toglie alla riuscita dell'opera, che diverte e  funziona pur senza rappresentare nulla di "importante", rivelandosi alla fine uno "scherzo d'autore" con cui un regista che ha ormai raggiunto la pace dei sensi può improvvisare un giocattolo giocoso e divertente, pur curato con tutti i crismi. Preannunciato da una opening sconvolgente che è entrata nella leggenda degli animefan (personaggi e robot che ballano la Monkey Dance!), King Gainer è, essenzialmente, uno degli ultimi, piacevoli contributi di Tomino al genere. Cosa si nasconde dietro ai rasta di King Gainer, il robottone più ridicolo della Storia del robotico?

Come sempre la prima impressione non basta affatto a giudicare: buttato nel bel mezzo della vicenda con un timido tentativo di immedesimazione nell'eroe principale (l'insignificante e ben poco eroico Gainer, otaku campione di videogiochi e, tra parentesi, il primo pilota di robot che porta gli occhiali da vista!), lo spettatore solamente con una visione attenta e lucida può capire cosa sta succedendo nel serrato susseguirsi di avvenimenti, nelle milioni di relazioni interpersonali del cast, che ruolo hanno i numerosi personaggi e che significato hanno i paroloni della vasta terminologia del mondo fittizio (Yapan, Exodus, Domepoli, Overman, Overskill, etc). Vane le speranze di chi, vista la trama leggera, si attende magari una narrazione semplice e immediata: anche se allegro, Tomino è sempre Tomino, e il suo stile di racconto consiste nell'usuale sequela di fitti dialoghi-chiave che fanno recepire storia, avvenimenti, background e attori. La visione dovrà perciò essere fatta a mente pienamente attiva come al solito, pena il non capirci pressoché nulla, ma fortunatamente numerose saranno le ricompense per chi adempierà a tale sfida. L'umorismo che permea la serie è sicuramente la principale.

In King Gainer ci si diverte: in esso vanno ricordati i più assurdi mecha mai visti in animazione (all'ordine del giorno robot dalla forma di monaci, rospi, gelatine e altre fantastiche deformità, senza dimenticare il già citato King Gainer, rasta equipaggiato con una pistola-sega elettrica!), la cui demenza è superata solo dal cast di piloti: omosessuali repressi, soldati frustrati, ninja (?!), cretini dall'acconciatura improbabile... Parliamo di un cast delirante, asservito a una storia impregnata di gag e dialoghi e situazioni surreali. Sono da menzionare anche le incredibili Overskill, i poteri speciali posseduti da ogni Overman, che tra il trasmettere depressione agli avversari, rendere udibili i pensieri delle persone (con prevedibili, imbarazzanti risultati per chi è innamorato e non si dichiara, chi vuole fregare il prossimo, etc.) e moltissime altre capacità, rappresentano una fucina di idee non indifferente per combattimenti sempre creativi (che tecnologie permettono il loro funzionamento? Tomino dice di non farsi troppe domande!10). Che la filosofia del "puro scazzo" non suoni però come discriminante: a dispetto delle apparenze e delle risate, come Xabungle, anche King Gainer ha una trama da raccontare e anche piuttosto articolata, toccando, oltre all'esodo, anche tematiche molto serie e suggestive (civiltà estinte ed extraterrestri, Colpi di Stato, faide familiari e possessioni mostruose): "solo", è improntato su un forte aspetto umoristico di fondo che non viene mai meno. Di "autorale", oltre allo stile di racconto, poi, va infine citato un ultimo tratto tipico della poetica tominiana: l'analisi dei ruoli di maschio e femmina. Volendo prendere le distanze fino in fondo da Gundam, Tomino, disgustato dalla sua società dove il maschio "ideale" è sempre più effeminato (pensiamo al fenomeno del bishounen e dei tanti idol maschili) e la donna sempre più mascolina, sceglie deliberatamente di reinterpretare quest'inversione di ruoli tornando un po' alle origini, rinnegando così buona parte dei suoi attori maschili tipicamente complessati (e ben poco virili) e delle sue donne d'acciaio11. Per la parte maschile sceglie uomini passionali in amore e bravissimi nel loro lavoro (come il co-protagonista Gain, maestro e "faro" dell'insicuro Gainer, o il militare "tutto d'un pezzo" Jassaba Jin), e per quello che riguarda le donne, ispirato da quelle siberiane (di cui ha riempito di annotazioni i suoi appunti nel viaggio in Russia12), individua nella femminilità non più grazia e dolcezza, ma soprattutto orgoglio e fiducia nelle proprie capacità, risultato della consapevolezza del proprio fascino erotico, e queste caratteristiche ben le sposa nell'esuberante Adette Kistler e in buona parte delle altre componenti del gruppo. Fa ridere pensare che nel 2005 il regista, con la consueta, eccentrica raffinatezza, lamenterà in una trasmissione televisiva giapponese che "negli anime odierni non ci sono più personaggi femminili che facciano venire voglia di leccargli la figa"13.

I punti deboli della produzione consistono, in generale, sul cast più bizarro che davvero spassoso, retto su personalità abbastanza deboli (splendono solo Gain, la citata Adette, la bella Sara Kodama e il biondo antagonista Asuham Boone, di contraltro è addirittura inguardabile Gainer), e nella persistenza di gag numerose anche in quelle 2/3 occasioni in cui la storia di tinge veramente di drammatico, dando quasi l'impressione che il tutto sia solo una presa in giro (ma forse è davvero proprio così!). Chiaramente prendersela troppo con l'umorismo sarebbe assurdo visto che l'opera nasce con questa finalità, ma forse Tomino e Ohkouchi si lasciano prendere un po' troppo la mano con scherzi e battutine, se arrivano a ridimensionare l'atmosfera apocalittica di quei 5/6 episodi "seri" così malamente - ma la critica giapponese non la penserà così e Ohkouchi vincerà, nel 2003, il prestigioso premio di miglior sceneggiatura al Tokyo International Anime Fair proprio per King Gainer. Fortunatamente, le puntate conclusive sono così eccellenti da far dimenticare i passi falsi precedenti. Anche dal punto di vista estetico e tecnico la serie mischia esaltazione e dubbi: il chara design, delizioso, pittorico e che sembra uscito da un libro di favole, frutto del lavoro di ben tre chara designer e superbamente reso (in animazione) da uno di loro, Kenichi Yoshida, sembra essere inizialmente coadiuvato da un comparto tecnico straordinario, quasi da lungometraggio, ma tale cura non sarà affatto mantenuta a lungo. Il prosieguo evidenzia incessantemente sbalzi tra animazioni ottime e sottotono e tra disegni curati e altri meno particolareggiati. Quantomeno, i fondali continuano a essere curatissimi ed estremamente suggestivi, ben evidenziando, con le immense distese di neve, pini e betulle, lo scrupoloso lavoro di documentazione in fatto di flora e fauna dei luoghi. Poco più che sufficiente, infine, la colonna sonora, dotata di soli 2/3 brani veramente coinvolgenti.



King Gainer è un'opera a suo modo originale e interessante, ma non per tutti, e soprattutto, per quanto molto buona, non memorabile. Raccontarne la trama è semplice, apprezzarla meno poiché necessita di pazienza per capirla e sopportazione per reggerne un ritmo attento ma lento, come da prassi delle opere del regista. Per questo la visione dell'ultimo lavoro degno di nota di Tomino, per quanto d'autore e consigliato, non può definirsi imprescindibile. Rappresenta una visione d'obbligo però per chi, avendo amato Eureka Seven (2005) dello studio BONES, vuole sapere da dove è stato ripreso il personaggio di Anemone (praticamente una copia sputata di Cynthia Lane, ne riveste lo stesso identico ruolo e ha addirittura il medesimo colore di capelli) e da dove proviene quel talentuoso staff di animatori, chara designer e sceneggiatori.

Voto: 7,5 su 10


FONTI
1 Guido Tavassi, "Storia dell'animazione giappponese", Tunuè, 2012, pag. 376
2 Questo e i successivi retroscena provengono dal volume 3 di "Overman King Gainer" ("Yoshiyuki Tomino e King Gainer: Un nuovo eroe nato per superare i limiti di Gundam", d/visual, 2008)
3 Come sopra
4 Come sopra
5 Come sopra
6 Come sopra
7 Come sopra
8 Come sopra
9 Consulenza di Garion-Oh (Cristian Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit)
10 Come sopra
11 Questo retroscena proviene dal volume 4 di "Overman King Gainer" ("Yoshiyuki Tomino e King Gainer: Un nuovo eroe nato per superare i limiti di Gundam -  Seconda parte", d/visual, 2008)
12 Come sopra
13 Vedere punto 9

2 commenti:

Anonimo ha detto...

l'unica pecca, secondo me, è nel finale, dato che non si capisce se i nostri eroi sono riusciti nel loro obbiettivo; per il resto un delicatessen ironico e divertente

Jacopo Mistè ha detto...

Il finale non è che non si capisce, è proprio lasciato in sospeso. M'è piaciuto, ma più passa il tempo e più la serie me la sto dimenticando, non è davvero un buon segno...

Benvenuto!

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